
“……tutte circondate e simbolicamente protette dalla Grande Muraglia. Questa era
categorie immateriali, sopravvivono nella testa dei cinesi moderni, sottoposti alla grande sfida di un libero mercato planetario e dunque in una condizione di ansia continua che li spinge a non darsi pace se non si restringono e si compattano……….
……Bancarelle di verdure dalle forme stravaganti, infinite varietà di pesci e molluschi essiccati, anatre laccate,
musi e orecchie di maiali che galleggiano nei pentoloni di brodo grasso, una folla densa che negozia concitatamente in mandarino, bettole dai tavoli unti dove ci si serve da carrelli fumanti di ravioloni al vapore. È un mondo di viuzze strette che non sembra California, perfino l’agenzia della Bank of America è una pagoda, il filobus della linea
………. Ma il guscio di quelle viuzze si è rotto da tempo, un esercito di cinesi è fuoriuscito ed è dilagato altrove. L’idea stessa della enclave-Chinatown, di quel “territorio etnico”, le nuove generazioni l’hanno superata. Sono i giovani studenti che da anni vincono a maggioranza le borse di studio in matematica e informatica, e hanno trasformato Berkeley nel campus universitario più asiatico d’Occidente. Sono i
tecnici, i manager, gli imprenditori che formano la più grossa comunità etnica della Silicon Valley a parità con gli indiani. Yahoo, una delle aziende………"
Federico Rampini
"......Chinatown è a New York, ma è anche a Milano, a Londra, a Parigi. Chintown è un’enclave di Cina nel mondo occidentale, Chintown è
dovunque esista una grande metropoli, perché è il simbolo delle grandi capitali europee e americane, dove i popoli, le storie e le lingue si mescolano in maniera naturale, e dove naturalmente si incrociano culture, esperienze, tradizioni, memorie individuali e collettive. Dove una cultura antichissima e carica di storia, di cultura, di saggezza come quella cinese incontra naturalmente altre culture, altri stili di vita, tradizioni, costumi – quelli occidentali, ma anche quelli orientali filtrati dall’occhio occidentale, e viceversa quelli occidentali filtrati, a loro volta, dall’occhio orientale e dall’influenza della cultura, degli stili di vita, della straordinaria vitalità della nouvelle vague cinese dilagante oviunque in occidente.
Chinatown è l’esempio perfetto della città surmoderna:……– ma una città in cui l’accumulo è puro caos, è folle mixaggio di elementi differenti e tra loro inconciliabili, dove non solo i riferimenti culturali, ma anche i piani della finzione e del reale si mescolano incontestabilmente, in un continuo e inarrestabile cortocircuito di significati e di riferimenti caotici, sovrapposti, incrociati: dove il kitsch della fiction e del folklore si mescola a quello della tradizione popolare, dove l’immagine (vera o falsa, ha poca importanza) che abbiamo della Cina si mescola all’immagine dell’Occidente, dove l’accumulo di elementi sovrapposti e lo sfasamento del reale diventano i cardini stessi della visione. …….”